Le tappe fondamentali del Purna Yoga di Sri Aurobindo (quarta parte)

Le tappe fondamentali del Purna Yoga di Sri Aurobindo (quarta parte)

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Pubblichiamo la quarta parte dell’articolo “Le Tappe Fondamentali del Purna Yoga di Sri Aurobindo”, a cura di Roberto Maria Sassone. Buona lettura.

YOGA DELLE OPERE DIVINE

I QUATTRO AUSILIARI:

IL PRIMO AUSILIARIO

22) “Il primo è la conoscenza della verità, dei principi, dei poteri e dei procedimenti che governano la realizzazione“. Pag. 53

Il sadhaka del Purnayoga si impegna a conoscere i testi sapienziali, i loro insegnamenti e le pratiche che essi offrono. La via della conoscenza non si può improvvisare sulla base di qualche superficiale insegnamento. La spiritualità non prevede spontaneismo, ma richiede impegno, intento e consapevolezza.

Il shastra (insegnamento) supremo dello yoga integrale è l’eterno Veda (eterna conoscenza) segretamente custodito nel cuore di ogni essere vivente e pensante”.

Nell’intimo di ogni essere umano, nella sua Matrice divina, è nascosta e contenuta la GNOSI, la vera conoscenza.

Chi sceglie l’Infinito è stato scelto dall’Infinito. Ha ricevuto l’impulso divino senza il quale non esiste possibilità di risveglio né di apertura spirituale; ma una volta ricevuta la divina chiamata, l’adempimento è sicuro, sia che avvenga per virtù di una rapida conquista in una sola vita umana o con una paziente ricerca attraverso i numeroso stadi del ciclo delle esistenze nell’universo manifesto”. Pag 54

“L’intermediario abituale della rivelazione è il Verbo, la parola udita. Il Verbo può venire a noi dall’interno dell’essere o dal di fuori. Ma in entrambi i casi aiuta solamente a rendere attiva la conoscenza nascosta (…) In realtà sono tanto grandi quanto rari coloro che non hanno bisogno di seguire la guida del libro scritto o del maestro vivente, bastando loro la conoscenza interiore”.

“Il Verbo può essere una parola venuta dal passato o quella più potente di un maestro vivente. In certi casi il Verbo è in certo modo un pretesto affinché il potere interno si si svegli e si manifesti“. Pag. 54

Dentro di noi c’è la Conoscenza, ma spesso è necessario che ci sia una guida che ci aiuti a farla emergere. Il maestro e l’insegnate non si sostituiscono alla responsabilità dell’allievo. Questo concetto deve essere ben chiaro. In ogni momento della nostra vita dovremmo avere l’umiltà di riconoscere che possiamo confrontarci con qualcuno che abbia più esperienza e competenza. Poi ovviamente la parola finale sta al nostro giudizio. Ma in questo periodo vige una specie di cultura spirituale narcisista, adombrata dal concetto distorto del maestro interiore secondo cui ognuno, senza nessuna vera e duratura sadhana abbia accesso alla conoscenza; spesso invece il maestro interiore è una voce mentale che traduce gli impulsi dell’ego.

23) Leggete attentamente questo passo di Sri Aurobindo che è un ulteriore punto nodale del Purnayoga:

“Il sadhaka dello yoga integrale deve ricordarsi che tutti gli shastra scritti (testi sacri), per quanto grande possa essere la loro autorità e largo il loro spirito, costituiscono solo l’espressione parziale dell’eterna Conoscenza. Si servirà perciò della scrittura, ma non dovrà mai legarsi ad essa, qualunque ne sia la grandezza”. Pag. 55

Questo brano non vuole negare il valore degli insegnamenti del passato, che in vari momenti della sadhana possono essere una guida ed un aiuto al risveglio, ma ribadiscono di non legarsi al dogmatismo e restare liberi nella coscienza, sviluppando anche altre forme originali di conoscenza che la stessa sadhana personale può fare mergere.

Più di ogni altro lo yoga integrale, la sintesi dello yoga, deve non essere legata a nessuno shastra, scritto o tradizionale perché, pur abbracciando la conoscenza tradizionale del passato, cerca di riorganizzarla per il presente e per l’avvenire. Una libertà assoluta di esperienze e di nuove formulazioni della conoscenza secondo combinazioni e termini nuovi è la condizione della sua formazione. Poiché tende ad abbracciare la vita nel suo insieme, la sua situazione non è quella del pellegrino che segue la grande strada verso la sua destinazione, bensì di un pioniere che apre un varco nella foresta vergine.

“Da lunghissimo tempo lo yoga si è allontanato dalla vita e gli antichi sistemi che tentarono di abbracciare la vita, come quelli dei nostri antenati vedici, sono ormai troppo lontani da noi; il loro linguaggio non ci è più accessibile e le loro formule non sono più applicabili. Da quell’epoca in poi l’umanità ha percorso molta strada sulla corrente eterna del tempo e, quantunque il problema resti lo stesso, il modo di trattarlo deve essere necessariamente nuovo“. Pag. 56

IL SECONDO AUSILIARIO:

24) “Il secondo è un lavoro paziente e perseverante rappresentato dall’intensità dello sforzo personale secondo le linee tracciate dalla conoscenza”. 

“Lo sviluppo dell’esperienza, la sua rapidità, la sua ampiezza e la potenza dei risultati dipendono in massima parte, all’inizio del percorso e per lungo tratto dall’aspirazione e dallo sforzo del sadhaka”. Pag. 53

Lo sforzo personale è quindi un atteggiamento necessario, insieme alla volontà, all’impegno e all’intento, al contrario di ciò che in una certa pseudospiritualità annacquata viene proposto. Il Purnayoga è una via da guerrieri, e per sfatare chi pensa che questa sia soltanto un mio pensiero personale, citerò due brani di Sri Aurobindo: “Senza eroismo l’uomo non può crescere nella natura divina. Coraggio, energia e forza sono tra i principi essenziali della natura divina in azione”.

La pazienza, una calma sopportazione, una calma determinazione di arrivare fino in fondo e trionfare, queste sono le qualità che ora esigiamo da voi, ossia quelle virtù meno spettacolari, ma più solide del guerriero“.

Aggiungo le parole di Mère: “Per seguire Sri Aurobindo nella grande avventura del suo yoga integrale è sempre stato necessario essere dei guerrieri; ora che fisicamente ci ha lasciato bisogna essere degli eroi“.

Anche George Van Vrekhem, che ha scritto un libro fondamentale sullo Yoga Integrale, “Oltre la Specie Umana”, dice: “Lo yoga integrale non è un sentiero per chi possegga una mente o una costituzione fragile; è uno yoga che richiede il temperamento del guerriero eroico“.

25) Riprendiamo adesso a seguire in ordine il volume primo de La Sintesi dello Yoga:

Perciò l’elemento primo e determinante della siddhi (del potere spirituale) è l’intensità del rinnovamento, la forza che inclina l’anima al rinnovamento. La potenza di aspirazione del cuorela forza di volontà, la concentrazione della mente, la perseveranza, la determinazione dell’energia messa in opera, costituiscono tutti insieme la misura di questa intensità”. Pag. 57

“Finché il contatto col Divino non è stabilito in certo grado, finché non esiste una certa identità e continuità, lo sforzo personale dovrà normalmente prevalere (…) È infatti sempre e soltanto il Potere superiore che agisce (…) L’Illuminazione ci rivela che l’ego è soltanto uno strumento e incominciamo solo allora a comprendere che queste cose sono nostre, non perché appartengono all’ego strumentale, ma al nostro Sé supremo e integrale che è uno col Trascendente“. Pag 58

“Il nostro ego che si vanta di essere libero, è ad ogni istante lo schiavo, il trastullo e la marionetta di innumerevoli esseri, di potenze e di influssi della Natura universale”. Pag. 59

Desidero evidenziare che, essendo il nostro ego uno strumento, ha una sua ragion d’essere ed una sua funzione. Il sadhaka lo adopera come campo di lavoro e di trasformazione e lo pone al servizio del Sè interiore. 

26) “Anche se fin dal principio riconosciamo il Supremo nella nostra mente e nel nostro cuore, vi sono elementi della nostra natura che per molto tempo impediscono a questo riconoscimento di divenire una realizzazione (…) Anche se si ottiene un principio di realizzazione, può diventare assai pericoloso immaginare o presumere troppo presto che siamo interamente nelle mani del Supremo e che agiamo come un suo strumento”. Pag. 59

L’insidia di ogni sadhaka è il narcisismo spirituale, ostacolo col quale inevitabilmente dovremo fare i conti in varie fasi del nostro viaggio.

IL TERZO AUSILIARIO

27) “Al terzo posto vengono (…) l’esempio e l’influsso del maestro (guru) (…) e la Guida interiore nascosta in noi

“La Guida interiore è spesso velata in principio dall’intensità stessa dello sforzo personale ed anche perché l’ego è preoccupato di se stesso e dei propri fini. Man mano che aumenta in noi la chiarezza e il vortice dell’egoismo cede il luogo ad una più serena conoscenza di noi stessi, finiremo per scorgere la luce che aumenta in noi”. Pag. 61

In questo yoga “nulla è troppo piccolo per non essere utilizzato, nulla troppo grande per non essere tentato”. Pag. 60

“Cominceremo a comprendere allora il senso delle nostre lotte e dei nostri sforzi, dei nostri successi e delle nostre sconfitte, saremo infine capaci di afferrare la ragione delle nostre prove e delle nostre sofferenze, d’apprezzare l’aiuto che ci è stato dato da tutto ciò che ha opposto resistenza e ci ha feriti, l’utilità delle nostre imperfezioni e delle nostre stesse cadute” Pag. 61

28) “La via più sicura per questo compito integrale è trovare il Maestro segreto che dimora in noi, (il Jiva, l’anima individuale), rimanere costantemente aperti al Potere divino (…) e rimetterci a Lui per condurre a termine la nostra conversione”. 

“Ma in principio è molto difficile alla coscienza egoista far ciò (…) È difficile perché le nostre abitudini egoiste di pensiero, sensazioni e sentimenti, bloccano i passaggi attraverso i quali potremmo arrivare alla necessaria percezione e anche perché la fede, la sottomissione e il coraggio richiesti su questo sentiero non sono facili ad ottenersi per l’anima velata dall’egoismo (…) Il Divino si serve dell’errore per raggiungere la verità, della sofferenza per arrivare alla beatitudine e dell’imperfezione per arrivare alla perfezione. L’ego non può scorgere dove viene condotto: si ribella alla direzione, perde fiducia e coraggio”. Pag. 62

29) “Questa impazienza, questa ignoranza, possono divenire fonte di grandi pericoli e d’un disastro se, ribellandoci alla direzione divina, facciamo appello a qualche forza corruttrice, più soddisfacente per i nostri impulsi ed i nostri desideri, alla quale chiediamo di guidarci, conferendo abusivamente ad essa il divino Nome“. Pag. 62

Il narcisismo spirituale può condurci ad inquinare la nostra aspirazione, collegandoci a forze oscure, a finti maestri, a pratiche oscure, nel tentativo di abbreviare il cammino e di conquistare dei poteri, nutrendo il nostro l’orgoglio.

30) 

Il progresso spirituale della maggior parte degli esseri umani esige un sostegno esteriore, un oggetto esterno di fede. L’uomo ha bisogno di una immagine esteriore di Dio o di un rappresentante umano – una incarnazione, un profeta o un guru (maestro)….In certi casi “la natura reclama un intermediario umano onde avvertire il Divino in qualcosa che sia prossimo alla sua umanità e sia percettibile attraverso la sua influenza e il suo esempio umani. A questa necessità si soddisfa con la manifestazione divina sotto forme umane – Cristo, Krishna, Buddha. E se per qualcuno fosse ancora troppo difficile, ecco il Divino presentarsi attraverso un intermediario meno sublime e remoto: il profeta o il maestro”. Pag. 63

“(…) il sadhaka dello yoga integrale non rimarrà soddisfatto finché non avrà incluso nelle proprie concezioni tutti gli altri nomi e tutte le altre forme della divinità (…), finché non avrà unito tutti gli Avatar nell’unità di Colui che discende negli Avatar e fuso la verità di tutti gli insegnamenti nell’armonia dell’eterna saggezza“. Pag. 64

L’Avatar è un’emanazione diretta del Divino, il maestro è un uomo che ha realizzato in maniera permanente alcuni aspetti del Divino, l’insegnante è un uomo che ha contatto col Divino in maniera parziale, incompleta ed intermittente

Il maestro dello yoga integrale seguirà dunque come potrà il metodo del maestro interiore”. Cioè seguirà il suo allievo rispettando la sua indole, le sue qualità, le sue tendenze i suoi talenti e predisposizioni. “Condurrà il discepolo secondo la sua natura. L’insegnamento, l’esempio, l’influsso sono i tre strumenti del guru. Ma il saggio istruttore non tenterà d’imporsi o di imporre le sue opinioni all’accettazione passiva di una mente ricettiva. Vi seminerà soltanto ciò che è sicuro e produttivo, come un seme che poi crescerà grazie alle divine cure interiori. Cercherà di svegliare, piuttosto che d’istruire(…) Fornirà un metodo che sarà un aiuto, un mezzo pratico, non una formula imperativa o un’abitudine invariabile“. Pag.64

“L’esempio è più potente dell’insegnamento, ma non è l’esempio fornito dall’atto esteriore o dal carattere personale che ha la maggiore importanza. Anche ciò, certo, ma quello che più stimolerà l’aspirazione (del sadhaka) sarà il fatto centrale della realizzazione divina (…) del guru stesso”. 

“L’influsso è ancora più importante dell’esempio. Esso non è l’autorità esteriore del maestro sul discepolo, ma il potere del contatto, della presenza, della prossimità della sua anima all’anima nella quale infonde, anche in silenzio, ciò che egli stesso è e possiede. Più il maestro è grande, tanto meno deve rappresentare per il discepolo l’istruttore, e tanto più deve essere per lui una Presenza che diffonde….”

Un altro segno del maestro dello yoga integrale è dato dal fatto che non si arrogherà il titolo di guru (…) Il suo compito gli è stato affidato dall’alto; egli non è che un canale, un intermediario, un rappresentante“. Pag. 65

IL QUARTO AUSILIARIO:

31) Il quarto ausiliario “è l’opera del tempo, perché tutte le cose hanno il loro ciclo d’azione….”

“L’attitudine ideale del sadhaka di fronte al tempo è una pazienza senza fine, come se per raggiungere la meta avesse davanti. a sé l’eternità; egli dovrà tuttavia mettere in opera ogni energia necessaria in vista di una realizzazione immediata….” Pag 66

In questo brano Sri Aurobindo ci dice che, malgrado dobbiamo avere una pazienza senza nessun cedimento e il senso di un tempo infinito, non dobbiamo cullarci negli allori e mettere un impegno totale ad ogni passo della sadhana. Questo è il principio del karmayoga: agisci con tutto te stesso, senza badare al frutto e senza alcuna prospettiva.

Roberto Maria Sassone

Foto Manohar Fedele “Sunrise”

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